“Allora è così che finisce: un cartone, una coperta, uno zaino come cuscino. È così che si spegne una vita, che si consuma una esistenza. Nell’indifferenza, nel silenzio, nel riflesso di una luce al neon, nell’eco di un paio di tacchi che risuona lontano”
Io sono nessuno – Wainer Molteni
Trailer del Film Documentario UN SACCO DI VITA
Vivere senza un tetto
La radio comunica la notizia dell’ultimo senzatetto morto a Milano, aveva settanta anni. Inizia così il viaggio notturno per conoscere un mondo che non vediamo o che tendiamo a non vedere.
Passeggiando nel centro di Milano, infatti, accanto alle vetrine di Via Montenapoleone o nelle gallerie intorno al Duomo, è difficile pensare che proprio lì, sotto i porticati, accanto alle luci al neon dei negozi, vengano a ripararsi decine e decine di senzatetto, di persone che non hanno nulla tranne ciò che riescono a mettere nello zaino, nel trolley o in un sacco che portano sempre con sé.

Renato Vaccarella è uno di loro. Mentre il centro si svuota dei turisti e si accendono le luci sui tavolini dei caffè e dei ristoranti, lui prepara il suo giaciglio per la notte insieme ad altri quattro senzatetto. Hanno scelto una galleria vicino al Duomo di Milano, perché si sentono più sicuri, “perché non vengono a rubare” ci racconta. Renato ha scelto di farsi riprendere, di mostrare il suo volto. Nessun altro vuole farlo. Non è facile mostrarsi quando si è perso tutto, quando si teme di aver fallito, quando ci si sente soli, abbandonati da una società che appare indifferente.

Nel centro di Milano vivono persone che non vediamo
Un confine invisibile, infatti, sembra separarli dal resto del mondo, da noi altri che per strada siamo solo di passaggio, per andare a cena, al lavoro o per tornare a casa. Non li vediamo e le istituzioni a volte operano per non farceli vedere. “Soltanto un particolare, vengono a sgombrarci” ci racconta Renato. “Li chiamo fastidio” conclude. Nei talk show televisivi si parla di “decoro” per giustificare l’opera di “pulizia” del centro storico, come se i poveri fossero colpevoli di essere poveri, colpevoli di spezzare l’armonia del benessere, di disturbare l’occhio dei passanti e di non promuovere gli acquisti. Nessuna domanda su come reinserire queste persone nella società, né come offrire loro un supporto per rialzarsi, benchè si trovino in una città, Milano, ricca e dotata di un patrimonio immobiliare pubblico che conta oltre dodicimila abitazioni sfitte o inagibili. Le contraddizioni della nostra società emergono con evidenza, eppure il valore degli esseri umani resta ancorato alla loro capacità di produrre ricchezza, di essere utili cioè, al sistema della produzione e del consumo. Fuori da questo mondo si appartiene a un altro, invisibile al primo, benchè presente davanti agli occhi. Per superare questo confine, decido allora di seguire un gruppo di volontari che, su iniziativa di un ex senzatetto, Wainer Molteni, si ritrovano ogni settimana per distribuire indumenti, coperte e sacchi a pelo.
“Il sacco a pelo è importante per un senzatetto, perché è tutto ciò che ha” ci dice Gianni Giupponi, uno dei volontari che presta il suo taxi per portare ciò che il gruppo distribuirà durante la notte. Il sacco a pelo evita l’ipotermia e costituisce un vero salvavita per chi dorme per strada, la differenza tra vivere o morire.

Il numero dei senzatetto a Milano è solo stimato, poiché è difficile censirli. Alcune fonti parlano di circa cinquemila, altre di oltre novemila nell’area metropolitana. C’è chi vive da molti anni per strada e chi ci è finito da poco, perché ha perso il lavoro o perché, pur lavorando, non può pagarsi l’affitto. Lasciati a se stessi, senza un supporto concreto delle istituzioni che non vanno oltre la lista dei dormitori e dei centri servizi di associazioni e onlus, finiscono per restarci in strada, per varcare il confine che li rende invisibili.
“Dovrebbe essere un fatto transitorio e invece finisce per incancrenirsi, questo è il problema” spiega Wainer che ha conosciuto la vita in strada per otto anni e che accompagna il nostro viaggio nella notte di Milano. I volontari salutano Renato e proseguono il giro fra le gallerie attorno al Duomo alleggerendo i loro sacchi a ogni sosta, per ogni coperta, maglione o giacca che sono riusciti a donare. Renato e i suoi compagni aspetteranno l’alba per alzarsi, sistemare le loro cose negli zaini e affrontare un altro giorno, un altro difficile appuntamento con la vita.
Alfredo Comito
